Un recentissimo articolo di un noto portale scientifico esamina le capacità di un fungo marino, il Parengyodontium album, di degradare la plastica accumulata negli oceani.
Ma come riesce a farlo?
L’inquinamento da plastica è uno dei problemi ambientali maggiormente attenzionati negli ultimi anni; infatti, numerosi passi avanti a favore dell’ambiente sono stati fatti dalle industrie, compresa quella cosmetica, per cercare di ridurre il più possibile l’utilizzo di questo polimero negli imballaggi e includendo materiali plastici biodegradabili.
Più plastica che pesci
Nonostante ciò, la plastica è ancora molto presente a livello ambientale, in particolare si accumula principalmente negli oceani. Si pensi che la Pacific Trash Vortex, la più grande e famosa isola di plastica situata nell’Oceano Pacifico settentrionale, è vasta circa 1,6 milioni di chilometri quadrati, ben 3 volte l’Italia.
Addirittura, secondo le stime, entro il 2050 negli oceani potrebbe esserci più plastica che pesci in termini di peso.
Tra i diversi polimeri plastici accumulati più frequentemente nelle acque troviamo il polipropilene (PP), il polistirene (PS) ed il polietilene tereftalato (PET). È però il polietilene (PE), la plastica più diffusa al mondo, ad essere stata dichiarata il tipo di materiale galleggiante più presente negli oceani.
Una soluzione al problema pare arrivare direttamente dalla natura: il Parengyodontium album, un fungo microscopico originario dell’oceano, emerso come una potenziale soluzione alla crisi dell’inquinamento da plastica.
La sua straordinaria capacità di degradare il polietilene a base di carbonio offre infatti una speranza per la gestione di questi rifiuti persistenti.
Parengyodontium album: un fungo mangia-plastica?
Il Parengyodontium album è un fungo microscopico che vive su materiali in decomposizione. In passato era già stato identificato come una potenziale minaccia per la conservazione del patrimonio museale perché capace, a lungo andare, di deteriorare muri e intaccare anche i beni al loro interno.
La sua abilità nel degradare i materiali però può essere usata a nostro vantaggio: il polietilene, la plastica più diffusa al mondo può essere degradata da questo fungo.
La cosa più sorprendente è che non è l’unico: secondo uno studio, il Parengyodontium album è il quarto fungo marino conosciuto in grado di consumare e abbattere i rifiuti di plastica, ma questo in modo specifico per la PE.
Come fa il fungo a degradare la plastica?
Il Parengyodontium album può crescere su superfici di polietilene esposte ai raggi UV, utilizzando il materiale come fonte di nutrimento. Questo processo non solo riduce la massa del polietilene, ma lo trasforma in sostanze meno nocive.
Il fungo agisce mediante tre meccanismi chiave:
Sebbene il processo sia lento, con circa lo 0,05% di plastica decomposta ogni nove giorni, rappresenta un passo avanti significativo.
“Se il tasso naturale di decomposizione del polietilene potesse essere ridotto da anni a pochi mesi, questi funghi potrebbero presto rivoluzionare il mondo del riciclo dei rifiuti”
Non solo funghi: anche gli enzimi dei batteri mangiano la plastica
Tra le più recenti scoperte in campo scientifico a sostegno dell’ambiente, una delle più interessanti riguarda senza dubbio l’identificazione di due nuovi enzimi che rendono capaci alcuni batteri di degradare uno dei tipi di plastica più diffusi: la Pet.
Nel 2021 viene effettuato il primo riciclo biologico dei due monomeri della Pet: acido tereftalico e glicole etilenico.
Per il settore cosmetico l’acido tereftalico viene convertito, utilizzando Escherichia Coli opportunamente ingegnerizzato, in vanillina per l’impiego in profumeria.
(Per approfondire leggi il nostro articolo: https://www.skineco.org/2022/04/27/petasi-mhetasi-nuovi-alleati-riciclo-chimico-della-plastica/).
In conclusione?
Le nuove tecnologie nel campo dell’ingegneria ci permettono di ottimizzare questi processi biologici a favore dell’ambiente, grazie all’utilizzo di funghi e batteri che naturalmente possiedono la capacità di degradare alcuni tipi di materiali come la plastica.
In particolare, la scoperta delle capacità degradative del Parengyodontium album rappresenta una luce di speranza nella lotta contro l’inquinamento da plastica. Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per ottimizzare l’efficacia del fungo e comprendere appieno il meccanismo di degradazione, e sebbene gli effetti dell’introduzione del fungo in nuovi ambienti siano ancora da studiare, il suo potenziale per degradare questo materiale persistente è immenso.
1 A. Vaksmaa, H. Vielfaure, L. Polerecky, M.V.M. Kienhuis, M.T.J. van der Meer, T. Pflüger, M. Egger, H. Niemann, Biodegradation of polyethylene by the marine fungus Parengyodontium album, Science of The Total Environment, Volume 934, 2024, 172819, ISSN 0048-9697.
2 https://www.greenme.it/ambiente/rifiuti-e-riciclaggio/fungo-divora-rifiuti-plastica/
3 https://www.wired.it/article/plastica-oceani-fungo-digerisce-polietilene-sole-parengyodontium-album/
4 Johann Leplat, Alexandre François, Faisl Bousta, Parengyodontium album, a frequently reported fungal species in the cultural heritage environment, Fungal Biology Reviews, Volume 34, Issue 3, 2020, Pages 126-135, ISSN 1749-4613.